Parrocchia
di San Floriano in Pieve

Chiesa di San Floriano

Secolo XV

Storia

La chiesa arcipretale di San Floriano ha origini antichissime

Eretta già nel X secolo, la sua esistenza è attestata da una bolla del 1185 in cui il pontefice Lucio III annoverava, tra i possedimenti attribuiti alla diocesi di Belluno, la “Plebem Sancti Floriani de Zaoldo”, unitamente alle altre cappelle esistenti nella vallata e alle sue pertinenze.

L’attuale edificio, costantemente lodato per eleganza e maestosità nelle relazioni delle Visite Pastorali, fu consacrato nel 1487 (iscrizione sulla lunetta del portale d’ingresso).

In origine gli ambiti sui lati nord e sud del manufatto erano riservati alla sepoltura dei defunti.

Nel 1565 venne realizzata la torre campanaria, che fu innalzata nel 1670 e dotata di una svettante guglia. 

Nel 1835 un fulmine distrusse il pinnacolo, poi ricostruito da Giovanni Battista Besarel, padre dello scultore Valentino. Il campanile attuale raggiunge un’altezza complessiva, inclusa la croce sommitale, di 49,95 metri.

Nel corso dei secoli l’edificio fu sempre oggetto di speciali attenzioni conservative e manutentive, nonché di un’opera costante di arricchimento dei paramenti sacri e degli arredi liturgici.

Nel 1584 il fronte principale della chiesa venne completamente affrescato (sul lato sinistro si intravede ancora la figura gigantesca di San Cristoforo, invocato contro le morti improvvise) e il manto di copertura rifatto con l’impiego di oltre settemila scandole in legno.

All’inizio del XVII secolo il pievano Giovanni Orzesio fece fondere una grande campana, adatta alla maestosità del tempio, che risultò di eccellente qualità. 

Nel 1782 si procedette alla rimozione dell’altare maggiore originario, non più in sintonia con la sensibilità estetica e culturale dell’epoca, e alla sua sostituzione con l’attuale in marmo.

Dal 1912 l’arcipretale di san Floriano è catalogata tra gli edifici monumentali della provincia.

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Architettura e Arte

Il maestoso tempio, lungo 35 metri e alto 21, presenta un’impostazione planimetrica elementare.

Ad aula unica, costituita da due campate quadrate su cui si innesta un coro di dimensioni considerevoli,  ha copertura voltata, scandita da nervature e costoloni.

Il singolare stile gotico del manufatto è il risultato di elaborazioni e interpretazioni culturali nelle quali si fondono anche componenti autoctone.

Lungo la navata si distribuiscono cinque altari minori, tutti forniti di pale, rispettivamente dedicati allo Spirito Santo, alla Natività di Maria, a San Giovanni Battista, ai Santi Rocco e Sebastiano, a Santa Caterina d’Alessandria.

Nella cripta trova posto un altare con tela datata 1578 raffigurante Cristo risorto.

Sopra l’ingresso principale si sviluppa l’orchestra con l’organo ottocentesco di Gaetano Callido; dono di don Floriano Prà, arciprete della Pieve dal 1805 al 1815, il manufatto costituisce una tra le ultime opere della fecondissima produzione del “Professor d’Organi”.

Unitamente al monumentale Altare delle Anime, opera giovanile di Andrea Brustolon, il tempio possiede un ricco novero di dipinti, sculture, argenti e paramenti sacri di estremo pregio artistico. In particolare:
La Vergine del Rosario, scolpita a Venezia nel 1897 da Valentino Panciera Besarel.  Eseguita dopo l’infortunio che colpì alla mano destra l’artista zoldano, rappresenta un lavoro della piena maturità dello scultore, il cui magistero traspare dal volto dolce della Madonna, dalle sue mani affusolate, dal panneggio morbido del suo abito.

La Pala dell’altare maggiore dedicata all’Assunta tra i santi Floriano e Giovanni Battista, è opera autorevole del veneziano Francesco Maggiotto dal Gamba.

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Chiesa dell’Addolorata

Secolo XVI

Storia

Le prime fonti documentarie che attestano le vicende storiche dell’attuale tempio risalgono al 1541, anno dal quale il pievano Giovanni Battista Bardellino promosse l’ampliamento e il rinnovamento del fabbricato originario, conferendogli una nuova fisionomia architettonica.

La consacrazione dell’edificio ad opera del vescovo Valier avvenne nel 1576 alla presenza di numerosi fedeli, dei fratelli della congregazione dei Battuti e dei Castaldi, loro rappresentanti.

La Confraternita dei Battuti, probabilmente esistente nella Pieve di Zoldo già prima del 1399, elesse la chiesa dell’Addolorata a suo tempio, tenendone per secoli l’amministrazione.

Gli economi della corporazione gestirono con particolare attenzione la cura dell’edificio sacro, la cu ricchezza di argenti e paramenti liturgici venne puntualmente registrata e lodata nei documenti curiali.

La chiesa divenne il fulcro di un acceso culto mariano al quale aderirono gli abitanti dell’intera vallata zoldana; proprio in considerazione di tale sentita devozione il pontefice Pio VII concesse nel 1803 ai fedeli particolari indulgenze.

Nel 1806, con l’applicazione del decreto napoleonico che segnava la soppressione delle confraternite, il tempio fu incamerato dal demanio e trasformato, per un breve periodo, in magazzino.

Restituito al culto, venne per decenni mantenuto unicamente grazie alle elemosine dei fedeli.

Dopo un radicale intervento di ripristino, nel 1862 si procedette alla realizzazione dell’atrio in stile neogotico  eseguito su disegno dello scultore Valentino Panciera Besarel, autore, inoltre, del suntuoso altare maggiore (1857) e di un pregevolissimo Crocifisso.

Ulteriori opere conservative furono eseguite nel corso del XX secolo; i documenti dell’Archivio Vescovile del 1902 attestano l’avvenuta soppressione degli altari minori, di cui rimangono entrambe le pale.

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Architettura e Arte

Notizie specifiche sulla struttura architettonica dell’edificio, sugli arredi e sulle opere pittoriche si desumono dai verbali delle Visite pastorali compiute nel 1619 e nel 1626.

Il manufatto, con impianto ad aula, possedeva copertura a volta e tetto a ripidi spioventi con manto in scandole lignee; il pavimento era realizzato in lastre lapidee.

Lungo la navata erano elevati gli altari dedicati alle sante Lucia e Apollonia, entrambi dotati di pale dipinte; una nicchia nella parete racchiudeva l’immagine scultorea dell’Addolorata reggente sulle ginocchia il corpo del Cristo morto

L’altare maggiore era ornato con un polittico dalla cornice dorata, costituito da sei tele che nei documenti curiali seicenteschi vennero attribuite erroneamente a Tiziano Vecellio.

In epoca imprecisata la composizione fu smembrata e i dipinti raffiguranti l’Eterno, la Vergine annunciata e l’Angelo annunciante, di bottega tizianesca, trovarono posto lungo la navata.

Le grandi tele che ritraggono San Floriano, la Vergine in trono con il Bimbo e Sant’Antonio abate rimasero a ornare le pareti dell’abside, nella quale fu collocato l’altare maggiore.

Commissionato nel 1856 dai fabbricieri della chiesa, è costituito dalle statue dell’Addolorata posta tra le sante Apollonia, riconoscibile dalle tenaglie con cui le furono strappati i denti,  e Lucia, raffigurata con gli attributi iconografici degli occhi deposti su un piatto.

Il retroaltare che fa da sfondo alle sculture è formato da uno scenografico cortinaggio ligneo, dorato e dipinto, sostenuto visivamente da quattro angioletti.

Presumibilmente della stessa epoca è l’elegante Crocifisso posto sulla parete sinistra dell’aula. In legno di cirmolo laccato bianco, il manufatto testimonia l’elevata perizia esecutiva e la sensibilità artistica dell’autore zoldano.

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