Parrocchia
di San Tiziano in Goima

Chiesa di San Tiziano

Secolo XV

Storia

Un prezioso documento del 1400 contenente la concessione dell’indulgenza plenaria attesta la costruzione ex novo della chiesa di San Tiziano. 

Il nuovo tempio fu presumibilmente fondato sul sedime di un antico manufatto per il culto, divenuto insufficiente a ospitare i fedeli dell’accresciuta comunità.

Da tempi remoti l’edificio sacro possedeva un cospicuo patrimonio costituito da rendite e terreni che, amministrato oculatamente dai giurati della Regola, serviva per la manutenzione del fabbricato e degli arredi e per l’acquisto dei paramenti e delle suppellettili sacre.

Dalle relazioni delle Visite Pastorali del secolo XVII si evince che la chiesa, tenuta con decoro, aveva abside orientata a sud, soffitto a volta, altare ornato con pala lignea raffigurante la Vergine tra i Santi Tiziano, Floriano, Antonio Abate e Caterina. Il fabbricato era dotato di torre campanaria e circondato da un camposanto.

Nel 1695 i Regolieri chiesero e ottennero che a Goima risiedesse stabilmente un sacerdote; nel 1726 si pervenne allo smembramento definitivo dalla matrice di San Floriano e alla fondazione della parrocchia di San Tiziano.

Sull’onda di un vigoroso spirito di cambiamento la Comunità intraprese un’intensa opera di rinnovamento dell’edificio sacro.

I lavori di radicale sistemazione, effettuati a più riprese, si protrassero fino al 1754, anno in cui il vescovo Giacomo Costa consacrò la chiesa, poi ulteriormente abbellita grazie alla generosità dei suoi fedeli.

Durante il periodo napoleonico il tempio fu parzialmente spogliato della ricca dote in argento per lo più offerta dagli emigranti locali che lavoravano a Venezia.

La costante disponibilità degli abitanti di Goima nei confronti della propria chiesa si concretizzò nell’opera di ripristino del patrimonio di suppellettili e paramenti sacri, nonché di manutenzione della pregevole dotazione artistica.

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Architettura e Arte

Il manufatto assunse la configurazione attuale negli anni 1938/42, quando si procedette alla sopraelevazione della volta presbiteriale, alla posa delle vetrate policrome legate a piombo, all’esecuzione dello zoccolo basamentale.

L’edificio, a navata unica, presenta copertura con volte a crociera, caratterizzate da costoloni fittamente decorati.

Lungo le pareti dell’aula è collocato l’altare ligneo appartenente al primitivo tempio. La scultura, di pregevole valenza artistica, attesta l’infiltrazione e la diffusione della tradizione figurativa germanica ad opera dei lavoratori trentini a quel tempo impegnati nello sfruttamento delle miniere di ferro della Val Zoldana.

L’altare maggiore, riconducibile alla bottega bellunese degli Auregne, venne intagliato e dorato attorno al 1715.  Strutturato secondo il tipico schema “a portale”, presenta un ricco e fantasioso apparato decorativo di carattere naturalistico.

Nella preziosa ancona è contenuta la pala della Beata Vergine del Carmine tra i Santi Tiziano, Antonio da Padova e Valentino, realizzata nel 1714 da autore anonimo, di probabile scuola veneziana.

Sulle pareti che incorniciano il presbiterio trovano posto gli altari minori dedicati alla Madonna del Rosario e al Crocifisso, o alle Anime del Purgatorio.

Il primo, eretto nel XVIII secolo, rimanda nello stile ad analoghi manufatti di area trentina; la statua esposta nella nicchia è opera di Angelo Majer, valente allievo di Valentino Panciera Besarel.

La plancia scalare per i candelabri e il sovrastante tabernacolo di gusto rococò sono attribuiti a Giovanni Paolo Gamba Zampol.

Di identico disegno compositivo, l’altare del Crocifisso si differenzia dal primo per le diverse immagini intagliate sul fastigio e per il soggetto del gruppo scultoreo contenuto nella nicchia.

Nella sommità dell’arco campeggia la figura del Cristo in croce, connotata da una forte tensione lineare ed espressionistica.

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Chiesa di San Rocco

Secolo XVIII

Storia

Durante l’infuriare della peste nel Seicento gli abitanti della frazione di Gavaz avevano espresso il desiderio di erigere un tempio in onore di San Rocco.

L’esiguo numero di persone rimaste, nonché le possibilità economiche pressoché nulle delle stesse, impedirono, tuttavia, la realizzazione del progetto.

Nel 1743 i Regolieri del paese chiesero il permesso di edificare un tempio intitolato al santo taumaturgo, “in modo da sodisfare al voto, ed alle obligazzioni degli Antenati”.

Sorta forse sul sedime di un oratorio esistente, che la tradizione locale è solita riconoscere nel manufatto dell’attuale sacrestia, la chiesa fu costruita grazie alla particolare generosità de li Patriotti della Valle di Goima, ovvero degli emigranti locali domiciliati per lavoro a Venezia.

Coordinati dal ricco tintore Valentin de Luis, che donò l’altare maggiore e la pala in esso contenuta, gli abitanti concorsero all’acquisto degli arredi sacri e delle suppellettili per il culto.

Questo tangibile segno di devozione profonda per la propria chiesa si è perpetuato nel corso dei tempi attraverso il sostegno di iniziative di carattere conservativo.

Sulla parete destra del presbiterio è esposta una preziosa pergamena settecentesca il cui testo illustra la storia dell’erezione della chiesa.

Delimitato da una cornice policroma finemente miniata da fra Salvator Caccia del convento lagunare di S. Francesco della Vigna, il manoscritto, di estremo valore storico e documentario, attesta l’identità e il numero degli abitanti di Goima  allora trasferiti a Venezia per lavoro.

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Architettura e Arte

Il manufatto presenta un impianto ad aula unica, con due cappelle laterali e abside di forma poligonale. Un alto cornicione modanato connette lo spazio della navata al presbiterio, convergendo sulla trabeazione dell’altare maggiore.

Attribuito allo zoldano Giovanni Paolo Gamba Zampol (1723-1802), l’altare è realizzato interamente in legno e dipinto in modo da simulare l’impiego di marmi policromi e screziati.

Il dossale si compone di quattro colonne di ordine corinzio, poste a sostegno di un arco spezzato su cui campeggia un grande cartoccio, abilmente intagliato, contenente lo stemma del committente Valentin de Luis.

Nella suntuosa ancona trova posto la pala raffigurante la Vergine con il Bambino, ai cui piedi si stagliano San Rocco, nell’atto di indicare la piaga della peste e accompagnato dal cane che lo nutrì, e Santa Teresa d’Avila, con l’attributo iconografico della freccia che la ferisce al cuore.

Impaginata figurativamente secondo il tradizionale schema piramidale, riporta in un angolo il nome del donatore.

L’altare minore di destra presenta soluzioni stilistiche e ornamentali così simili a quelle dell’altare maggiore, tanto da consentirne l’attribuzione a un allievo di Giovanni Paolo Gamba Zampol.

Nel dipinto in esso contenuto, di sicura qualità artistica, compaiono le figure di quattro Santi, raggruppati in coppia e disposti su due livelli: Rosa da Lima, con il Bimbo in braccio, Andrea, con lacroce del martirio, Giacomo Maggiore, con l’attributo iconografico del libro, Bartolomeo con il coltello, simbolo del suo martirio.

Tra le colonne tortili che incorniciano l’alzato dell’altare opposto è collocata una pala settecentesca raffigurante San Giuseppe con il Bimbo e San Giovannino.

Il mirabile dipinto si connota per “l’eleganza formale, il mirabile accordo cromatico, la dolcezza fusa assieme alla coinvolgente spiritualità…” (F. Vizzuti, 1995).

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